25.11.10

COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

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Sono molto poche le persone che, nei nostri paesi industrializzati, non hanno sentito parlare del commercio equo e solidale. Questo tipo di commercio si basa su un rapporto diretto fra il produttore e l'azienda che vende il suo prodotto; ovvero ciò che non avviene normalmente nelle multinazionali, dove ci sono moltissimi intermediari.

Quindi, nel sistema utilizzato dalle multinazionali ci sono molti costi che aumentano via via che il prodotto si avvicina al consumatore: trasporti, lavorazioni, pubblicità, confezionamento... Ovviamente per far quadrare i conti si taglia sulla regolare paga di chi ha realmente lavorato per produrre le materie prime, ovvero i poverissimi contadini del terzo mondo. La differenza che il commercio equo s'impone è quella di rispettare i diritti del lavoratore garantendogli un rapporto diretto e uno stipendio costante e che retribuisca giustamente il suo lavoro. Infatti, anche se i prezzi di zucchero, caffè, cacao ecc. sono stabiliti nei paesi ricche il commercio equo e solidale s'impegna a non scendere mai sotto un minimo stipendio.

Ma come tutte le cose buone (o che almeno lo sono in apparenza) anche il commercio equo è spesso visto con scetticismo: Ma i prodotti saranno sani? Rispetteranno le norme igieniche? E perché costano di più?

Bisogna essere chiari per definire questi aspetti: oltre ad essere perfettamente a norma con tutte le regole dell'unione europea, molte delle coltivazioni hanno scelto di utilizzare anche un'agricoltura che sia equa anche con la natura, ovvero coltivazioni biologiche.

Da parte mia, mi viene da pensare che ci saranno pure degli aspetti negativi, ma anche sforzandomi non riesco a trovarne, a parte una leggera differenza di prezzo che viene ampiamente compensata dalla qualità dei prodotti e dalla consapevolezza dell'aiutare qualcuno.

Io mi dichiaro nettamente favorevole al commercio equo e solidale, per i motivi che sono anche i più importanti di questo commercio:

-I contadini hanno un aiuto immediato, che subito gli permette di ricominciare a produrre e di non doversi ridurre a fare i braccianti per le multinazionali. Infatti i pochi contadini indipendenti dalle multinazionali sono disagiati da vari elementi come il clima, le variazioni di prezzo, i bisogni della famiglia, e non riescono a produrre abbastanza.

-A lungo andare, reintroducendo i soldi in questi ambienti poveri si comincia a far girare l'economia locale, e quindi si possono tenere da parte dei soldi per acquistare elementi socialmente utili o ampliare la comunità di contadini ad altri villaggi e così facendo aiutare altre persone.

L'idea di commercio equo e solidale non è molto antica, si sviluppo dal secondo dopoguerra e in Italia la prima associazione fu la CTM, ancora oggi la più importante.

Il passo più importante, che è anche quello finale, di tutto il commercio equo è la vendita, che solitamente è gestita da volontari.

Un aspetto negativo sta che, forse per mancanza di organizzazione o per mancanza di fondi, per me si conta troppo sul volontariato: è vero che è giustissimo aiutare in cambio di niente ma questo sentimento ormai si sta perdendo.

Conoscendo più dall'interno queste associazioni si potrebbe cercare di dare un aiuto comune perché tutto il commercio mondiale gli assomigli, anche se sarebbe sicuramente una “rivoluzione” a lungo temine.

Francesco Cavalleri

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